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Il filosofo Pascal diceva, a proposito di ciò che noi definiamo la Scommessa sulla fede, che, se l’uomo crede, mette in gioco tutto e alla fine vince tutto. Al contrario, se non crede, non mette in gioco molto, eppure perde tutto.

Ecco, allaIl-Capitale-Umano-Paolo-Virzì_680 base di questo film di Paolo Virzì ci sono persone, anzi, genitori che,  non credendo nel futuro dei loro figli, (diciamo così, se vogliamo proseguire il parallelismo con Pascal) hanno messo in gioco persino troppo, il che è un rischio. Eppure hanno vinto la scommessa. Perchè?

Dino, il padre della ragazza protagonista, continua a ripetere che la posta in gioco è alta, che bisogna stare attenti, che si può aspirare sempre di più, che il risultato è inimmaginabile. A me queste parole non piacciono per niente. Ma so che sono vere.
In questa storia c’è dentro il mio futuro. Il mio e quello di tutti i giovani della mia età, di qualunque ragazzo stia finendo il liceo o studiando all’università.

Non è bello scherzare sul destino di qualcuno, soprattutto se quel qualcuno sono i propri figli. I genitori dicono di voler loro il bene più grande del mondo, di essere disposti a fare sacrifici per aiutarli… Ma poi vengono trattati come delle schedine su cui fare investimenti.

Serena è la figlia di Dino. Una personalità eclettica, affascinante, profonda e fragile allo stesso tempo. Massimiliano è figlio di Giovanni Bernaschi, arrogante e insensibile imprenditore senza scrupoli, affogato dal desiderio di guadagno, dalla monotonia e dal successo, e di Carla Bernaschi (interpretata da una Valeria Bruni Tedeschi come una donna ora molto realistica ora caricaturale), madre confusa che si ritrova ugualmente a cedere al potere del denaro in una società allo sfacelo.

Ogni personaggio oltre questi citati, come Roberta (Valeria Golino), compagna di Dino, o come Luca, nuovo fidanzato di Serena, sono immersi in uno sfondo cittadino milanese-brianzolo caratterizzato da un’atmosfera grigia, tesa, drammatica e quasi deludente dei nostri tempi. Ci capita ogni giorno di incontrare per strada persone che sono disposte a recar danni ad altri per il proprio interesse, che non si pongono domande sulla persona che hanno davanti, andando dritti al fatto (economico). Ci capita ogni giorno di vedere quel tipo di ragazzi che definiamo “figli di papà”, di immobiliaristi allo sbando, di giovani che si intossicano, di ville con piscina e campi da tennis dietro i quali si celano truffe, lusso e comunque malcontento e squallore. Ci capita ogni giorno di preoccuparci su quella che sarà la nostra vita futura, se saremo felici e soddisfatti o se invece dovremo sempre rimediare a  qualche guaio, viaggando nell’ombra e nell’instabilità.

La realtà che questo il film ci mostra può essere la nostra. Una realtà vista sotto prospettive diverse. Infatti la vicenda di quella notte misteriosa legata all’incidente del ciclista, alla restituzione della macchina, all’inaspettata presenza di Luca, al comportamento evasivo di Serena e Massimiliano è presentata dal regista secondo le prospettive personali dei quattro personaggi principali. E man mano che i minuti passano, si scopre sempre un dettaglio in più. Non è detto che esso ci aiuti a comprendere maggiormente, anzi, dubbi e domande su quale sia la verità si insinuano in chi guarda.

Il Capitale Umano siamo noi, sono i nostri nomi dalla A a Z.
Noi, valutabili secondo la somma dei criteri delle nostre conoscenze, competenze, abilità ed emozioni conseguite durante la nostra vita, criteri utili al raggiungimento di obiettivi sociali ed economici sia nel nostro piccolo sia all’interno della comunità.

La vita non appare soggettiva sotto questo punto di vista, appare come un calcolo matematico nel quale si addizionano semplicemente i nostri meriti, i nostri difetti, i nostri successi e le nostre difficoltà. Alla fine, però, qualcuno dovrà salvarsi. Salvarsi da questa definizione, da questa ipocrisia, da questa finta ed inquietante realtà, fatta di colori, di suoni e di parole che ci ingannano. Serena e Luca si salvano da questo mondo, un po’ per caso, un po’ consapevoli dei propri errori, perchè si accettano così come sono, malgrado i loro problemi e i loro caratteri.

Forse tutti noi dovremmo fare così. Lasciarci alle spalle le ansie fiscali, l’ambizione fallita che ci porta al degrado, la banalità di cui vorremmo far parte per coprirci dalle imperfezioni.

Forse tutti quanti dovremmo imparare ad essere un po’ più umani.

– Francesca Bertuglia.